Girone--2web

“Candy Candy è la preda ideale?”

Secondo Girone

“Candy Candy è la preda ideale?”

«Dottoressa, faccia uscire “questa tizia” dal mio corpo, la prego!»

È stata la prima richiesta di S.O.S. fatta alla psicologa quando nel suo studio mi sono seduta di fronte a lei, manco mi fossi rivolta a un’esorcista.

«E chi sarebbe questa tizia?», mi ha chiesto strabuzzando gli occhi.

«Candy Candy, la crocerossina che alloggia dentro di me!».

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La mia empatia è così smisurata che, a volte, non comprendo se sia “lei” ad abitare in me o se sia io ad essere sua ospite.

Fatto sta che nell’auto analizzarmi, prima di rivolgermi alla specialista, ho dato tutta la responsabilità di essere rimasta imbrigliata nella relazione tossica con quello là alla “Signorina tutta lentiggini” (Così come la chiamava Terence, ricordate? Praticamente uno dei primi narcisisti per cui abbiamo perso la testa un po’ tutte).

Da quando un vecchio claim ce l’ha inculcato, sappiamo che “prevenire è meglio che curare”, tuttavia nel caso in cui, invece, il danno sia stato fatto il percorso terapeutico resta necessario dopo un’esperienza tanto traumatica quanto destabilizzante per il corpo e per la mente. A me è servito, innanzitutto, a ridimensionare i sensi di colpa per esserci cascata, poi a rendere chiare cause e dinamiche di un legame perverso e infine a ricucire i pezzi di una persona fatta a brandelli: io.

Credo di non essermi ancora perdonata per il troppo tempo dedicato a questo individuo ma pian piano, sono sicura, risolverò con me stessa anche questo aspetto. È il motivo per il quale mi sta tanto a cuore la prevenzione, il motivo che mi ha spinta verso questa strada sterrata ma comunque percorribile. Non possiamo permettere a qualcun altro di rubare il nostro tempo perché nel momento in cui si rinsavisce la sensazione, poi, è quella di averlo gettato via volontariamente e vi assicuro che questa sarà la parte più complicata da elaborare e da accettare.

Per quanto riguarda la corretta informazione, invece, il percorso con la psicologa mi è servito anche a scoprire, con sorpresa, che “Candy Candy” è stata responsabile solo in parte.

Chi è allora la preda prediletta del manipolatore affettivo?

Post-it: È opportuno chiarire che, per quanto le tappe di una relazione con i narcisisti abbiano a grandi linee sempre lo stesso procedimento, per quanto questi soggetti abbiano in comune l’attitudine alla manipolazione e come unico scopo il controllo della partner, le personalità non sono tutte uguali e la scelta della preda viene sostanzialmente fatta anche in base alla loro cultura e alla posizione che occupano in società.

Ci sono, come abbiamo visto, i narcisisti plateali che ti amano alla follia e ti vogliono sposare dopo un giorno e, lì, con un minimo di lucidità i segnali sono forti e riconoscibili. Ci sono, però, anche manipolatori molto più abili e astuti che agiscono in maniera così sottile che riconoscerli subito è praticamente impossibile. Cosicché anche una donna determinata, brillante, non particolarmente empatica e lungi dall’essere crocerossina può restare coinvolta in un legame tossico.

Troverete l’identikit dei narcisisti con le loro caratteristiche nel glossario in fondo al manuale.

Dunque, riepilogando, certo è che la “donna crocerossina” abbia una notevole propensione alla relazione con il narcisista. Tra le prime strategie manipolative messe in atto dal vampiro energetico, c’è quella di far leva sul proprio vittimismo e qui “la ragazza della croce rossa” ci va a nozze.

Certo è che questi due personaggi siano i protagonisti delle peggiori favole. La loro non è semplicemente una storia destinata a restare senza l’happy ending, crocerossine e narcisisti danno vita a una trama di fronte al quale i film dell’orrore inorridiscono.

Certo NON è che sia l’unica tipologia di donne che possa capitolare davanti a quest’amore che, come ci canta Gianna Nannini a squarciagola, è una camera a gas.

Di conseguenza bisogna assolutamente smantellare ogni congettura basata sul “Abbiamo la sindrome della crocerossina? Allora è ovvio essere “prede” di questi soggetti”, un po’ come dire “Ce la siamo cercata”. Nessuna se la va a cercare, semplicemente capita e non riusciamo a riconoscerla.

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Ivana Napolitano, ci spiega che spesso chi è vittima di un partner affettivo psicologicamente abusante si trova a dover fare i conti con affermazioni che amplificano i sensi di colpa ed impediscono il processo di esternalizzazione del dolore, prima fra tutte “se l’è andata a cercare!”

Questo pregiudizio viene rafforzato dall’idea che tutte le vittime siano donne affamate d’amore convinte che l’unico modo per essere amate sia quello di sacrificare sé stesse. Si parla di “dipendenza affettiva” quando tutti i propri sforzi, reali o mentali sono concentrati sull’altro e sulla relazione, nonostante i suoi palesi aspetti disfunzionali. Molte donne hanno difficoltà a riconoscere il “vero amore” perché hanno un vuoto interiore (derivante da ferite infantili) richiedente, distruttivo che pretende di essere riempito con qualsiasi cibo spingendole ad aggrapparsi a storie deludenti, tossiche, nocive, violente.  Queste donne insicure, con bassa autostima, troppo empatiche restano incastrate nella relazione con l’egoista manipolatore e sono quelle che con più leggerezza vengono ingiustamente etichettate come “colpevoli” di essersi imbattute nel trauma dell’abuso narcisistico.

È assolutamente importante diffondere l’idea che chiunque può essere abusato psicologicamente, nessuna donna ha fatto qualcosa di sbagliato per meritare una relazione tossica. Sono tante le storie di vittime che con la “crocerossina” non c’entrano niente, al contrario, sono sicure di sé, severe, autorevoli, determinate e con storie familiari di amore e di attaccamento sicuro. Non esiste l’identikit della “vittima perfetta”, ogni persona ha la sua peculiarità. Quello che sicuramente accomuna le “prede”, invece, è l’entità del trauma: dopo un abuso narcisistico la donna si sente uno straccio, sviluppa un’idea di sé distorta e sminuita.

 

Io, per quello là, ero una papabile vittima perfetta ma più di tutto rappresentavo certamente la sfida perfetta: una crocerossina dallo spirito indipendente. Riuscite ad immaginare una preda più allettante?

Ero single da tanto tempo con una vita a dir poco frenetica, ormai abituata a quelli che già allora chiamavo “fantasmini”, maschi che apparivano e sparivano come fosse stato nulla e soprattutto come io fossi stata nulla. Alla fine, ero così assuefatta da aver adottato lo stesso loro atteggiamento.

Chi l’avrebbe detto che oggi questi soggetti sarebbero diventati popolari e dannosamente di tendenza con il nome di “ghoster” e il loro fare “ghosting” del cazzo. Questo, però, lo vedremo qualche girone più avanti.

Premetto che tale atteggiamento non mi stava bene, tuttavia, questi personaggi funzionavano così e pian piano mi ero accomodata anch’io in quella superficialità. E a proposito di superficialità a lui avevo espresso, tra le mille chiacchiere della sera in cui ci siamo conosciuti, anche il desiderio di volermi sposare un giorno, non per la vita matrimoniale ma solo per indossare “quell’abito” e perché, visto che organizzavo eventi, mi sarebbe piaciuto andare al mio matrimonio che avevo già tutto nella mente. Gli avevo fatto un assist che neanche il miglior Luis Alberto con il malleolo o Milinkovic di tacco nella mia Lazio, ecco perché “desiderava” sposarmi di rovesciata al volo.

Quando, a fine serata, mi chiese: «A che ora passo a prenderti domani?», gli risposi: «In che senso domani?», ero incredula al punto che pensavo di aver capito male. Ero abituata a rivedere un “tipo nuovo” dopo un lasso di tempo indefinito.

Il mio cervello l’anomalia di quel “Love Bombing”, come vi ho detto, l’aveva intercettata ciononostante era rimasto fortemente attratto da chi non aveva intenzione di sparire, anzi, addirittura di progettare e costruire.

Post-it: Non c’è nulla che esca dai loro sguardi o dalla loro bocca che non sia minuziosamente calcolato. Loro non ci stanno semplicemente ascoltando quando ci raccontiamo, durante il love bombing, stanno archiviando ogni possibile informazione per poi colpire i nostri bisogni e affondare i nostri punti deboli. Ah, e teniamo bene a mente che questa sarà l’unica fase della relazione in cui hanno la virtù dell’ascolto, in seguito le nostre saranno solo parole al vento.

Ecco, quindi, va bene lavorare su noi stesse al fine di comprendere i motivi per i quali ci siamo fatte irretire ma resta fondamentale scrollarci di dosso, quanto prima, i sensi di colpa e acquisire la consapevolezza che questi soggetti dalla personalità disturbata hanno delle skills manipolative così machiavelliche che Sherlock Holmes e Mr Moriarty messi insieme gli spicciano casa.

E, lo ammetto, non vedevo l’ora di usare anche io una delle espressioni “più fighe” del momento, “Skills” al posto di “abilità”.

Secondo Girone

“Candy Candy è la preda ideale?”

«Dottoressa, faccia uscire “questa tizia” dal mio corpo, la prego!»

È stata la prima richiesta di S.O.S. fatta alla psicologa quando nel suo studio mi sono seduta di fronte a lei, manco mi fossi rivolta a un’esorcista.

«E chi sarebbe questa tizia?», mi ha chiesto strabuzzando gli occhi.

«Candy Candy, la crocerossina che alloggia dentro di me!».

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La mia empatia è così smisurata che, a volte, non comprendo se sia “lei” ad abitare in me o se sia io ad essere sua ospite.

Fatto sta che nell’auto analizzarmi, prima di rivolgermi alla specialista, ho dato tutta la responsabilità di essere rimasta imbrigliata nella relazione tossica con quello là alla “Signorina tutta lentiggini” (Così come la chiamava Terence, ricordate? Praticamente uno dei primi narcisisti per cui abbiamo perso la testa un po’ tutte).

Da quando un vecchio claim ce l’ha inculcato, sappiamo che “prevenire è meglio che curare”, tuttavia nel caso in cui, invece, il danno sia stato fatto il percorso terapeutico resta necessario dopo un’esperienza tanto traumatica quanto destabilizzante per il corpo e per la mente. A me è servito, innanzitutto, a ridimensionare i sensi di colpa per esserci cascata, poi a rendere chiare cause e dinamiche di un legame perverso e infine a ricucire i pezzi di una persona fatta a brandelli: io.

Credo di non essermi ancora perdonata per il troppo tempo dedicato a questo individuo ma pian piano, sono sicura, risolverò con me stessa anche questo aspetto. È il motivo per il quale mi sta tanto a cuore la prevenzione, il motivo che mi ha spinta verso questa strada sterrata ma comunque percorribile. Non possiamo permettere a qualcun altro di rubare il nostro tempo perché nel momento in cui si rinsavisce la sensazione, poi, è quella di averlo gettato via volontariamente e vi assicuro che questa sarà la parte più complicata da elaborare e da accettare.

Per quanto riguarda la corretta informazione, invece, il percorso con la psicologa mi è servito anche a scoprire, con sorpresa, che “Candy Candy” è stata responsabile solo in parte.

Chi è allora la preda prediletta del manipolatore affettivo?

Post-it: È opportuno chiarire che, per quanto le tappe di una relazione con i narcisisti abbiano a grandi linee sempre lo stesso procedimento, per quanto questi soggetti abbiano in comune l’attitudine alla manipolazione e come unico scopo il controllo della partner, le personalità non sono tutte uguali e la scelta della preda viene sostanzialmente fatta anche in base alla loro cultura e alla posizione che occupano in società.

Ci sono, come abbiamo visto, i narcisisti plateali che ti amano alla follia e ti vogliono sposare dopo un giorno e, lì, con un minimo di lucidità i segnali sono forti e riconoscibili. Ci sono, però, anche manipolatori molto più abili e astuti che agiscono in maniera così sottile che riconoscerli subito è praticamente impossibile. Cosicché anche una donna determinata, brillante, non particolarmente empatica e lungi dall’essere crocerossina può restare coinvolta in un legame tossico.

Troverete l’identikit dei narcisisti con le loro caratteristiche nel glossario in fondo al manuale.

Dunque, riepilogando, certo è che la “donna crocerossina” abbia una notevole propensione alla relazione con il narcisista. Tra le prime strategie manipolative messe in atto dal vampiro energetico, c’è quella di far leva sul proprio vittimismo e qui “la ragazza della croce rossa” ci va a nozze.

Certo è che questi due personaggi siano i protagonisti delle peggiori favole. La loro non è semplicemente una storia destinata a restare senza l’happy ending, crocerossine e narcisisti danno vita a una trama di fronte al quale i film dell’orrore inorridiscono.

Certo NON è che sia l’unica tipologia di donne che possa capitolare davanti a quest’amore che, come ci canta Gianna Nannini a squarciagola, è una camera a gas.

Di conseguenza bisogna assolutamente smantellare ogni congettura basata sul “Abbiamo la sindrome della crocerossina? Allora è ovvio essere “prede” di questi soggetti”, un po’ come dire “Ce la siamo cercata”. Nessuna se la va a cercare, semplicemente capita e non riusciamo a riconoscerla.

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Ivana Napolitano, ci spiega che spesso chi è vittima di un partner affettivo psicologicamente abusante si trova a dover fare i conti con affermazioni che amplificano i sensi di colpa ed impediscono il processo di esternalizzazione del dolore, prima fra tutte “se l’è andata a cercare!”

Questo pregiudizio viene rafforzato dall’idea che tutte le vittime siano donne affamate d’amore convinte che l’unico modo per essere amate sia quello di sacrificare sé stesse. Si parla di “dipendenza affettiva” quando tutti i propri sforzi, reali o mentali sono concentrati sull’altro e sulla relazione, nonostante i suoi palesi aspetti disfunzionali. Molte donne hanno difficoltà a riconoscere il “vero amore” perché hanno un vuoto interiore (derivante da ferite infantili) richiedente, distruttivo che pretende di essere riempito con qualsiasi cibo spingendole ad aggrapparsi a storie deludenti, tossiche, nocive, violente.  Queste donne insicure, con bassa autostima, troppo empatiche restano incastrate nella relazione con l’egoista manipolatore e sono quelle che con più leggerezza vengono ingiustamente etichettate come “colpevoli” di essersi imbattute nel trauma dell’abuso narcisistico.

È assolutamente importante diffondere l’idea che chiunque può essere abusato psicologicamente, nessuna donna ha fatto qualcosa di sbagliato per meritare una relazione tossica. Sono tante le storie di vittime che con la “crocerossina” non c’entrano niente, al contrario, sono sicure di sé, severe, autorevoli, determinate e con storie familiari di amore e di attaccamento sicuro. Non esiste l’identikit della “vittima perfetta”, ogni persona ha la sua peculiarità. Quello che sicuramente accomuna le “prede”, invece, è l’entità del trauma: dopo un abuso narcisistico la donna si sente uno straccio, sviluppa un’idea di sé distorta e sminuita.

 

Io, per quello là, ero una papabile vittima perfetta ma più di tutto rappresentavo certamente la sfida perfetta: una crocerossina dallo spirito indipendente. Riuscite ad immaginare una preda più allettante?

Ero single da tanto tempo con una vita a dir poco frenetica, ormai abituata a quelli che già allora chiamavo “fantasmini”, maschi che apparivano e sparivano come fosse stato nulla e soprattutto come io fossi stata nulla. Alla fine, ero così assuefatta da aver adottato lo stesso loro atteggiamento.

Chi l’avrebbe detto che oggi questi soggetti sarebbero diventati popolari e dannosamente di tendenza con il nome di “ghoster” e il loro fare “ghosting” del cazzo. Questo, però, lo vedremo qualche girone più avanti.

Premetto che tale atteggiamento non mi stava bene, tuttavia, questi personaggi funzionavano così e pian piano mi ero accomodata anch’io in quella superficialità. E a proposito di superficialità a lui avevo espresso, tra le mille chiacchiere della sera in cui ci siamo conosciuti, anche il desiderio di volermi sposare un giorno, non per la vita matrimoniale ma solo per indossare “quell’abito” e perché, visto che organizzavo eventi, mi sarebbe piaciuto andare al mio matrimonio che avevo già tutto nella mente. Gli avevo fatto un assist che neanche il miglior Luis Alberto con il malleolo o Milinkovic di tacco nella mia Lazio, ecco perché “desiderava” sposarmi di rovesciata al volo.

Quando, a fine serata, mi chiese: «A che ora passo a prenderti domani?», gli risposi: «In che senso domani?», ero incredula al punto che pensavo di aver capito male. Ero abituata a rivedere un “tipo nuovo” dopo un lasso di tempo indefinito.

Il mio cervello l’anomalia di quel “Love Bombing”, come vi ho detto, l’aveva intercettata ciononostante era rimasto fortemente attratto da chi non aveva intenzione di sparire, anzi, addirittura di progettare e costruire.

Post-it: Non c’è nulla che esca dai loro sguardi o dalla loro bocca che non sia minuziosamente calcolato. Loro non ci stanno semplicemente ascoltando quando ci raccontiamo, durante il love bombing, stanno archiviando ogni possibile informazione per poi colpire i nostri bisogni e affondare i nostri punti deboli. Ah, e teniamo bene a mente che questa sarà l’unica fase della relazione in cui hanno la virtù dell’ascolto, in seguito le nostre saranno solo parole al vento.

Ecco, quindi, va bene lavorare su noi stesse al fine di comprendere i motivi per i quali ci siamo fatte irretire ma resta fondamentale scrollarci di dosso, quanto prima, i sensi di colpa e acquisire la consapevolezza che questi soggetti dalla personalità disturbata hanno delle skills manipolative così machiavelliche che Sherlock Holmes e Mr Moriarty messi insieme gli spicciano casa.

E, lo ammetto, non vedevo l’ora di usare anche io una delle espressioni “più fighe” del momento, “Skills” al posto di “abilità”.

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“Love Bombing”

Primo Girone

“Love Bombing”

“Narciso parole di burro

Si sciolgono sotto l’alito della passione

Narciso, trasparenza e mistero
Cospargimi di olio alle mandorle e vanità, modellami

“Narciso sublime apparenza

Ricoprimi di eleganti premure e sontuosità, ispirami”

“Raccontami le storie che ami inventare spaventami

Raccontami le nuove esaltanti vittorie

conquistami inventami dammi un’altra identità

Stordiscimi disarmami e infine colpisci…”

 

Scommetto che molti l’abbiano letto cantando. Agli altri, invece, ricordo che il virgolettato è una parte del testo di “Parole di burro”, brano del 2000 de “la cantantessa” siciliana Carmen Consoli.

Fino a qualche anno fa questa era semplicemente una canzone che mi piaceva, nella sua versione remix, più per la musica che per le parole. Poi mi ci sono soffermata bene e, oggi, potrei definirla l’emblema in musica della tematica trattata da amorevol-Mente ovvero quando un amore apparentemente da favola diventa un incubo, quando il “Mente” non è un suffisso è verbo mentire.

Vi è mai capitato di esservi imbattuti o credere di esservi imbattuti in un narcisista? Sento di dover sottolineare “di credere” perché l’argomento che tratteremo è estremamente delicato e, mai come ora, c’è troppa confusione al riguardo, tant’è vero che il termine “Narcisista” è abusato e, pure, con una certa leggerezza.

Al primo attacco di stronzaggine o di egocentrismo del personaggio di turno tendiamo a sentenziare con uno sbrigativo: “Ah, quello è un narcisista!”.

Ivana Napolitano, psicologa-psicoterapeuta di orientamento sistemico relazionale, ci dà l’identikit del vero narcisista patologico.

«Il mio partner era narcisista?» Questa è la domanda più frequente che viene posta in psicoterapia quando si esce da una relazione “tossica”, racconta la Dottoressa.

love-bombing1

Una relazione “tossica” è, infatti, caratterizzata dalla presenza di un partner che mostra comportamenti nocivi e lesivi, sia da un punto di vista emotivo che fisico, nei confronti della compagna, esercitando il proprio potere col fine di averne il controllo e porla in condizione di sottomissione.

Il termine “narcisista” rimanda ad una definizione ad ampio spettro che comprende chi esercita violenza in una relazione. Potremmo usare il termine “manipolatore” per includere i disturbi di personalità contenuti nel DsM5 (il manuale dei disturbi psichiatrici) quelli del Cluster B (disturbo narcisistico, istrionico, borderline e antisociale). Avere una diagnosi precisa, però, risulta difficile perché questi soggetti tendono a non sottoporsi ad analisi».

 

Certo, in analisi poi ci andiamo noi. Ad ogni modo, di questi “personaggi”, nel manuale, ne parleremo al maschile sia perché per questi gironi infernali attingo dalla mia vicenda sia perché le statistiche riportano che il narcisismo patologico è ancora in prevalenza attribuito al maschio. Diversamente nel blog www.amorevolmente.com ci confronteremo indistintamente tutti perché la realtà dice, invece, che le donne narcisiste esistono e sono anche tante, che la violenza sugli uomini esiste ma è più silente, che i manipolatori affettivi e i vampiri energetici non hanno genere e non sono un’esclusiva dei rapporti sentimentali di coppia.

Ecco perché nasce amorevol-Mente, sicuramente con l’obiettivo di essere un confronto tra le esperienze, quello che, però, mi sta più a cuore è fare prevenzione. Impariamo insieme a cogliere i segnali che sono i campanelli d’allarme di una relazione tossica, con un po’ di attenzione, sarebbero addirittura sirene spiegate ma noi, ubriache d’amore, le percepiamo come musica suonata da violini.

amorevol-Mente nasce perché a me è capitato e non l’avevo capito. Mi piace pensare che queste pagine possano essere “la pulce nell’orecchio” per altre donne a cui sta capitando e non l’hanno capito, ancora più bello sarebbe se, grazie all’informazione, ci si fermasse prima e non capitasse affatto.

Per quel che mi riguarda, i segnali, con il senno di poi, c’erano tutti e “il tipo” me li aveva spiattellati in faccia anche parecchio velocemente.

Quella sera io e lui ci siamo baciati circa un’ora dopo esserci presentati, mentre sorseggiavamo un drink dallo stesso bicchiere e fumavamo dalla stessa sigaretta. Ne sono rimasta ammaliata appena il suo sorriso ha incontrato il mio sguardo, appena le nostre mani si sono strette nel saluto formale di un “Ciao, piacere, come va?”. Evidentemente dalle espressioni senza filtri del mio volto sarà partito chiaro il messaggio: “Da dove è uscito questo, quanto mi piace!” e lui, scaltro, lo ha accolto prontamente.

I baci si alternavano alle parole che scivolavano tra noi leggere e giocose, tra una boccata di Marlboro Light e un sorso di spritz, come se non avessimo fatto altro fino a quel momento delle nostre vite. Non mi sembrava vero. I suoi occhi mi avevano disarmata, luccicavano come non avevo mai visto occhi luccicare.

«Sono emozionato – ripeteva – non mi era mai capitato nulla di simile prima d’ora, con nessun’altra». E facciamo promemoria di questa sua dichiarazione.

Era notte fonda quando siamo rientrati a casa, a lui però non era bastato quel tempo passato insieme, gli mancavo già da non poter resistere più un attimo senza me così abbiamo tirato fino all’alba chiacchierando al telefono. Ad ogni tentativo di chiudere la chiamata era un ripetersi di “attacca tu, no attacca tu” che nemmeno i testimonial della teleselezione della Sip a fine anni ’80. Ve li ricordate, “Ma quanto mi costi?”.

E quanto stava per costare a me questa storia!

Il giorno dopo ci immaginava sposati e non vedeva l’ora che accadesse. Mi descriveva il nostro matrimonio favoloso come se fossimo pronti ad organizzarlo. Il suo rammarico di non avermi incontrata prima della sua ex lo stava facendo ammattire.

Il terzo giorno si è presentato a casa mia per conoscere i miei genitori. Teneva a dimostrarmi che il progetto matrimoniale che disegnava con la fantasia era un desiderio da concretizzare a tutti i costi quanto prima.

Il quarto giorno mi amava alla follia: «Ti amo come fossi un quindicenne che scopre l’amore per la prima volta, non riesco più a vivere senza te». Memorizziamo anche questa frase.

Ora, in quanti starete pensando: “Credi pure a Babbo Natale, ancora”?

Beh, sì, avete ragione. In difesa del mio intuito, però, lasciatemi dire che in un primo momento i segnali li avevo pure colti. Nei brevi momenti di lucidità che mi attraversavano, il dubbio che tutto quell’amore non fosse possibile, vi assicuro, mi veniva. Ripassavo le dinamiche dei suoi comportamenti, della sua vita personale, anche le sue parole e ricordo che gli ripetevo spesso: «Tu non vuoi me, vuoi la “situazione”, ti serve proprio!».

La chiamavo “situazione”, non riuscivo a dare un nome a quel BOMBARDAMENTO D’AMORE. Intanto lui si considerava offeso e ferito nella sua sconfinata sensibilità per la mia mancanza di fiducia.

Mi allontanai. Avevo bisogno di respirare, di uscire da quel subbuglio mentale, di riprendermi la libertà con cui avevo sempre vissuto e di cui avevo sempre necessitato. Dopo soli quattro giorni, la sensazione era quella di aver consumato un legame di almeno quattro anni, di avere divorziato e poi di dover elaborare pure la separazione.

Me lo lasciò fare, sapeva bene che già vorticavo nella rete emotiva che mi aveva tessuto abilmente intorno alla velocità della luce.

Ero libera ma non troppo perché lui mi mancava. Questo amplificava la mia confusione.

È vero che la sua era stata una presenza da subito ingombrante ma era durata troppo poco per mancarmi così tanto. Com’era possibile?

Mi mancava essere guardata in quel modo che nessuno mai. Solo a Bradley Cooper ho visto fare un pochino meglio con Lady Ga Ga in “A star is born”.

Le perplessità che avevo su di lui, senza che me ne rendessi conto, le avevo rimbalzate su di me. A cosa mi serviva, in fondo, la libertà se lui mi mancava?

E se fossi stata davvero io l’ingrata a non apprezzare abbastanza la fortuna di aver incontrato uno come lui? E se mi stavo lasciando scappare il mio Jack Maine? E se stavo dando un calcio alla mia favola? E se… L’ho cercato.

Venti giorni dopo è cominciata la nostra convivenza, il ventunesimo giorno il mio incubo.

“La situazione” il nome ce l’aveva, ce l’ha ed è “Love bombing”.

Puntata_1_LOVEBOMBING

«Il love bombing – spiega ancora la Dottoressa Napolitano – è un gioco manipolatorio molto raffinato tipico dei narcisisti. Si tratta di una trappola emotiva messa in atto nella fase del corteggiamento caratterizzata da passione travolgente, telefonate infinite, messaggi a tutte le ore, complimenti finalizzati a far sentire la “preda” unica e speciale.  La verità è che dopo aver sedotto con promesse di amore incondizionato, il manipolatore, soddisfatto il suo ego carico di vanità ed approvazione, svela il suo tranello rivelandosi un potente abusante».

È importante porsi continue domande su ciò che accade, chiedersi se si è capito bene quello che ci è stato detto dal partner. I dubbi e l’insicurezza costante sono già tutti campanelli d’allarme… amare non è essere sottomessi, essere in confusione, essere manipolati».

«Nelle relazioni tossiche nulla, nemmeno per un attimo, si fa per il bene dell’altro. Dall’iniziale adulazione del “love bombing” che porta all’isolamento, alle strategie manipolative ed intimidatorie per tenere la preda “al suo posto”. Tutto mira a soddisfare il bisogno di potere e controllo del manipolatore affettivo. Questa è la realtà che dobbiamo affrontare e non restare prigionieri di una pericolosa illusione».

Il Love Bombing è, dunque, la tattica primordiale di cui si serve il narcisista per soggiogare la preda. Nei prossimi gironi conosceremo le altre principali tecniche manipolative con cui opera lo stratega narcisista ma sempre con un riflettore puntato su questa del bombardamento d’amore.

Post-it: Intanto riflettiamoci, se non siamo i protagonisti di una commedia rosa, in cui tutto per esigenza di trama e tempi deve accadere in un week end, si può mai amare qualcuno dopo pochi giorni o addirittura dopo pochi istanti?

Nel caso stessimo pensando “E il colpo di fulmine, allora?!”

Proviamo a restare razionali, quello esiste, certo, ma è un processo chimico che avviene nel nostro cervello e nel nostro corpo, è pura attrazione fisica e il più delle volte ha vita breve. Proviamo a non confondere la sensazione di innamoramento reciproco improvviso con l’amore

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Primo Girone

“Love Bombing”

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“Narciso parole di burro

Si sciolgono sotto l’alito della passione

Narciso, trasparenza e mistero
Cospargimi di olio alle mandorle e vanità, modellami

“Narciso sublime apparenza

Ricoprimi di eleganti premure e sontuosità, ispirami”

“Raccontami le storie che ami inventare spaventami

Raccontami le nuove esaltanti vittorie

conquistami inventami dammi un’altra identità

Stordiscimi disarmami e infine colpisci…”

 

Scommetto che molti l’abbiano letto cantando. Agli altri, invece, ricordo che il virgolettato è una parte del testo di “Parole di burro”, brano del 2000 de “la cantantessa” siciliana Carmen Consoli.

Fino a qualche anno fa questa era semplicemente una canzone che mi piaceva, nella sua versione remix, più per la musica che per le parole. Poi mi ci sono soffermata bene e, oggi, potrei definirla l’emblema in musica della tematica trattata da amorevol-Mente ovvero quando un amore apparentemente da favola diventa un incubo, quando il “Mente” non è un suffisso è verbo mentire.

Vi è mai capitato di esservi imbattuti o credere di esservi imbattuti in un narcisista? Sento di dover sottolineare “di credere” perché l’argomento che tratteremo è estremamente delicato e, mai come ora, c’è troppa confusione al riguardo, tant’è vero che il termine “Narcisista” è abusato e, pure, con una certa leggerezza.

Al primo attacco di stronzaggine o di egocentrismo del personaggio di turno tendiamo a sentenziare con uno sbrigativo: “Ah, quello è un narcisista!”.

Ivana Napolitano, psicologa-psicoterapeuta di orientamento sistemico relazionale, ci dà l’identikit del vero narcisista patologico.

«Il mio partner era narcisista?» Questa è la domanda più frequente che viene posta in psicoterapia quando si esce da una relazione “tossica”, racconta la Dottoressa.

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Una relazione “tossica” è, infatti, caratterizzata dalla presenza di un partner che mostra comportamenti nocivi e lesivi, sia da un punto di vista emotivo che fisico, nei confronti della compagna, esercitando il proprio potere col fine di averne il controllo e porla in condizione di sottomissione.

Il termine “narcisista” rimanda ad una definizione ad ampio spettro che comprende chi esercita violenza in una relazione. Potremmo usare il termine “manipolatore” per includere i disturbi di personalità contenuti nel DsM5 (il manuale dei disturbi psichiatrici) quelli del Cluster B (disturbo narcisistico, istrionico, borderline e antisociale). Avere una diagnosi precisa, però, risulta difficile perché questi soggetti tendono a non sottoporsi ad analisi».

 

Certo, in analisi poi ci andiamo noi. Ad ogni modo, di questi “personaggi”, nel manuale, ne parleremo al maschile sia perché per questi gironi infernali attingo dalla mia vicenda sia perché le statistiche riportano che il narcisismo patologico è ancora in prevalenza attribuito al maschio. Diversamente nel blog www.amorevolmente.com ci confronteremo indistintamente tutti perché la realtà dice, invece, che le donne narcisiste esistono e sono anche tante, che la violenza sugli uomini esiste ma è più silente, che i manipolatori affettivi e i vampiri energetici non hanno genere e non sono un’esclusiva dei rapporti sentimentali di coppia.

Ecco perché nasce amorevol-Mente, sicuramente con l’obiettivo di essere un confronto tra le esperienze, quello che, però, mi sta più a cuore è fare prevenzione. Impariamo insieme a cogliere i segnali che sono i campanelli d’allarme di una relazione tossica, con un po’ di attenzione, sarebbero addirittura sirene spiegate ma noi, ubriache d’amore, le percepiamo come musica suonata da violini.

amorevol-Mente nasce perché a me è capitato e non l’avevo capito. Mi piace pensare che queste pagine possano essere “la pulce nell’orecchio” per altre donne a cui sta capitando e non l’hanno capito, ancora più bello sarebbe se, grazie all’informazione, ci si fermasse prima e non capitasse affatto.

Per quel che mi riguarda, i segnali, con il senno di poi, c’erano tutti e “il tipo” me li aveva spiattellati in faccia anche parecchio velocemente.

Quella sera io e lui ci siamo baciati circa un’ora dopo esserci presentati, mentre sorseggiavamo un drink dallo stesso bicchiere e fumavamo dalla stessa sigaretta. Ne sono rimasta ammaliata appena il suo sorriso ha incontrato il mio sguardo, appena le nostre mani si sono strette nel saluto formale di un “Ciao, piacere, come va?”. Evidentemente dalle espressioni senza filtri del mio volto sarà partito chiaro il messaggio: “Da dove è uscito questo, quanto mi piace!” e lui, scaltro, lo ha accolto prontamente.

I baci si alternavano alle parole che scivolavano tra noi leggere e giocose, tra una boccata di Marlboro Light e un sorso di spritz, come se non avessimo fatto altro fino a quel momento delle nostre vite. Non mi sembrava vero. I suoi occhi mi avevano disarmata, luccicavano come non avevo mai visto occhi luccicare.

«Sono emozionato – ripeteva – non mi era mai capitato nulla di simile prima d’ora, con nessun’altra». E facciamo promemoria di questa sua dichiarazione.

Era notte fonda quando siamo rientrati a casa, a lui però non era bastato quel tempo passato insieme, gli mancavo già da non poter resistere più un attimo senza me così abbiamo tirato fino all’alba chiacchierando al telefono. Ad ogni tentativo di chiudere la chiamata era un ripetersi di “attacca tu, no attacca tu” che nemmeno i testimonial della teleselezione della Sip a fine anni ’80. Ve li ricordate, “Ma quanto mi costi?”.

E quanto stava per costare a me questa storia!

Il giorno dopo ci immaginava sposati e non vedeva l’ora che accadesse. Mi descriveva il nostro matrimonio favoloso come se fossimo pronti ad organizzarlo. Il suo rammarico di non avermi incontrata prima della sua ex lo stava facendo ammattire.

Il terzo giorno si è presentato a casa mia per conoscere i miei genitori. Teneva a dimostrarmi che il progetto matrimoniale che disegnava con la fantasia era un desiderio da concretizzare a tutti i costi quanto prima.

Il quarto giorno mi amava alla follia: «Ti amo come fossi un quindicenne che scopre l’amore per la prima volta, non riesco più a vivere senza te». Memorizziamo anche questa frase.

Ora, in quanti starete pensando: “Credi pure a Babbo Natale, ancora”?

Beh, sì, avete ragione. In difesa del mio intuito, però, lasciatemi dire che in un primo momento i segnali li avevo pure colti. Nei brevi momenti di lucidità che mi attraversavano, il dubbio che tutto quell’amore non fosse possibile, vi assicuro, mi veniva. Ripassavo le dinamiche dei suoi comportamenti, della sua vita personale, anche le sue parole e ricordo che gli ripetevo spesso: «Tu non vuoi me, vuoi la “situazione”, ti serve proprio!».

La chiamavo “situazione”, non riuscivo a dare un nome a quel BOMBARDAMENTO D’AMORE. Intanto lui si considerava offeso e ferito nella sua sconfinata sensibilità per la mia mancanza di fiducia.

Mi allontanai. Avevo bisogno di respirare, di uscire da quel subbuglio mentale, di riprendermi la libertà con cui avevo sempre vissuto e di cui avevo sempre necessitato. Dopo soli quattro giorni, la sensazione era quella di aver consumato un legame di almeno quattro anni, di avere divorziato e poi di dover elaborare pure la separazione.

Me lo lasciò fare, sapeva bene che già vorticavo nella rete emotiva che mi aveva tessuto abilmente intorno alla velocità della luce.

Ero libera ma non troppo perché lui mi mancava. Questo amplificava la mia confusione.

È vero che la sua era stata una presenza da subito ingombrante ma era durata troppo poco per mancarmi così tanto. Com’era possibile?

Mi mancava essere guardata in quel modo che nessuno mai. Solo a Bradley Cooper ho visto fare un pochino meglio con Lady Ga Ga in “A star is born”.

Le perplessità che avevo su di lui, senza che me ne rendessi conto, le avevo rimbalzate su di me. A cosa mi serviva, in fondo, la libertà se lui mi mancava?

E se fossi stata davvero io l’ingrata a non apprezzare abbastanza la fortuna di aver incontrato uno come lui? E se mi stavo lasciando scappare il mio Jack Maine? E se stavo dando un calcio alla mia favola? E se… L’ho cercato.

Venti giorni dopo è cominciata la nostra convivenza, il ventunesimo giorno il mio incubo.

“La situazione” il nome ce l’aveva, ce l’ha ed è “Love bombing”.

Puntata_1_LOVEBOMBING

«Il love bombing – spiega ancora la Dottoressa Napolitano – è un gioco manipolatorio molto raffinato tipico dei narcisisti. Si tratta di una trappola emotiva messa in atto nella fase del corteggiamento caratterizzata da passione travolgente, telefonate infinite, messaggi a tutte le ore, complimenti finalizzati a far sentire la “preda” unica e speciale.  La verità è che dopo aver sedotto con promesse di amore incondizionato, il manipolatore, soddisfatto il suo ego carico di vanità ed approvazione, svela il suo tranello rivelandosi un potente abusante».

È importante porsi continue domande su ciò che accade, chiedersi se si è capito bene quello che ci è stato detto dal partner. I dubbi e l’insicurezza costante sono già tutti campanelli d’allarme… amare non è essere sottomessi, essere in confusione, essere manipolati».

«Nelle relazioni tossiche nulla, nemmeno per un attimo, si fa per il bene dell’altro. Dall’iniziale adulazione del “love bombing” che porta all’isolamento, alle strategie manipolative ed intimidatorie per tenere la preda “al suo posto”. Tutto mira a soddisfare il bisogno di potere e controllo del manipolatore affettivo. Questa è la realtà che dobbiamo affrontare e non restare prigionieri di una pericolosa illusione».

Il Love Bombing è, dunque, la tattica primordiale di cui si serve il narcisista per soggiogare la preda. Nei prossimi gironi conosceremo le altre principali tecniche manipolative con cui opera lo stratega narcisista ma sempre con un riflettore puntato su questa del bombardamento d’amore.

Post-it: Intanto riflettiamoci, se non siamo i protagonisti di una commedia rosa, in cui tutto per esigenza di trama e tempi deve accadere in un week end, si può mai amare qualcuno dopo pochi giorni o addirittura dopo pochi istanti?

Nel caso stessimo pensando “E il colpo di fulmine, allora?!”

Proviamo a restare razionali, quello esiste, certo, ma è un processo chimico che avviene nel nostro cervello e nel nostro corpo, è pura attrazione fisica e il più delle volte ha vita breve. Proviamo a non confondere la sensazione di innamoramento reciproco improvviso con l’amore